Era il 1878 quando si inaugurò nella città di Cesenatico il suo primo stabilimento balneare. I primi flussi turistici esplosero nei primi del Novecento, quando si diffuse la moda delle cure elioterapiche e si cominciarono a costruire, in zona mare, i primi villini destinati alla ricca borghesia cittadina che, per la casa di villeggiatura si lasciò di buon grado contagiare dal gusto per la nuova architettura eclettica e liberty. Tra di essi vi era anche la villa costruita in via Anita Garibaldi per un veterinario di Cesena: Villa Pompili.

La villa fu venduta, nei primi del ‘900, al colonnello Pietro Gay ed alla sua famiglia. Oggi questa splendida villa è una bella signora d’altri tempi, con qualche anno sulle spalle ma nessuna ruga che possa adombrare il fascino magnetico e sofisticato della bella epoque. Villa Pompili è sicuramente la più grande villa in stile liberty di tutta Cesenatico, e seconda per valore solo al villino Faedi-Moretti, oggi purtroppo non più esistente.

Tra gli elementi di rilievo spicca il bellissimo cancello in ferro battuto, recentemente attribuito da Andrea Speziali al fabbro Castellani di Massa Finalese, che lo realizzò nel 1915 con motivi stilizzati tratti dal mondo animale, che richiamano la famiglia Gay (come i dodici gatti della Signora Gay qui stilizzati), la città di Cesenatico (i delfini) o tipici delle decorazioni in stile liberty (i pavoni e la farfalla). E’ indubbiamente un edificio che si fa notare, non solo per il cancello ma per le linee severe ed eleganti, il grande giardino e le raffinate maioliche a mosaico del sottotetto.

Tuttavia oltre alla bellezza ed al valore architettonico, esiste sicuramente un altro motivo per celebrare Villa Pompili, ed è il valore umano, oltre che militare, del suo proprietario: il Colonnello Gay, la cui fierezza e dirittura morale furono raccontate in ‘Centomila gavette di ghiaccio’, scritto dal tenente medico Giulio Bedeschi in forma autobiografica. ‘Centomila gavette di ghiaccio’ è un intramontabile classico della letteratura di guerra, che narra le travagliate vicende della divisione alpina Julia nella terribile campagna di Russia, dove tanti alpini vennero decimati dal freddo e dalla fame. Bedeschi usò l’accortezza di modificare i nomi dei reali protagonisti, perché il libro non rappresentasse solo i componenti della Julia, ma tutti gli alpini che combatterono valorosamente, senza mezzi e senza alcuna possibilità di vittoria, nella gelida e desolata steppa russa.

Alcune delle pagine più belle sono dedicate alla ferma e decisa reazione del colonnello Pietro Gay, nel libro divenuto colonnello Garri, che si oppose tenacemente alla decisione di destinare le sue truppe, appena rientrate dalla Grecia, al fronte russo, per il quale i suoi ragazzi non possedevano né addestramento né equipaggiamento adeguati. In risposta venne rimosso dall’incarico, mentre nessuna pietà fu accordata ai suoi ragazzi, i quali vennero inflessibilmente spediti verso una inevitabile carneficina. Dei 57.000 alpini partiti per la Russia, ne ritornarono solo 11.000.

Oggi Villa Pompili ci ricorda anche questo, la vita privata e apparentemente serena di un uomo che seppe difendere le sue truppe anche contro il suo stesso interesse, una delle poche voci che ebbe il coraggio di opporsi a quel che sarebbe stato una dei peggiori massacri che i nostri soldati dovettero pagare nel secondo conflitto mondiale.

Persino oggi, per i tanti turisti che amano soggiornare negli hotel di Cesenatico per godere delle spiagge, della movida, del verde e degli scorci di questa affascinante città giardino, Villa Pompili rappresenta la preziosa testimone di una storia densa di contraddizioni, che è in fondo emblema della stessa vita, dove talvolta il bello è strettamente intrecciato al sangue e alla morte.