Non si può negare d’altra parte che il turismo di massa, quand’anche economicamente produttivo per le economie locali, possa diventare in alcuni casi problematico – una vera e propria forma di inquinamento umano – per i luoghi a cui si rivolge, tanto che i sindaci di alcune città cominciano a proporre forme di regolazione del numero giornaliero di visitatori (“numero chiuso”).

Il fenomeno è particolarmente rilevante in Italia, dove la ricettività delle strutture urbanistiche antiche delle “Città d’arte” come Venezia o Firenze, o di altri centri minori come Assisi per fare un esempio (6 milioni di visitatori l’anno), è messa sempre più a dura prova dall’afflusso di migliaia di visitatori giornalieri. Le ricadute di questi afflussi incontrollati sono particolarmente negative per la parte di popolazione residente non direttamente beneficiaria dell’economia turistica (cioè spesso la maggior parte di quella popolazione): l’aumento dei prezzi degli immobili e dei servizi pubblici (in particolare dei bar e ristoranti), della rumorosità, del traffico e del connesso inquinamento veicolare (sia a causa dei veicoli privati che dei grandi pullman) possono produrre infatti un complessivo e crescente peggioramento della qualità della vita urbana dei centri interessati.

Un ulteriore risvolto negativo dell’economia turistica – in particolare dell’industria delle vacanze – è la cementificazione disordinata dei luoghi che tocca, come ad esempio le coste italiane, fenomeno peggiorato dall’abusivismo edilizio. Al problema del turismo responsabile si associa sempre più diffusamente, almeno in Italia, un problema di turismo sostenibile.

Nonostante il bassissimo impatto ambientale che hanno i campeggi e villaggi turistici in Italia, a fronte di moltiplicatori Keynesiani molto rilevanti per lo sviluppo della località e della regione, ad oggi ancora si trovano fortissimi ostacoli da parte delle amministrazioni locali influenzate pesantemente dalle lobby di immobiliaristi e costruttori. Inoltre a differenza di altri paesi europei, Francia e Spagna in testa, che hanno una decisa e chiara politica economica del turismo, in Italia non viene assolutamente considerato come strategico, ai fini dello sviluppo sostenibile, il turismo all’aria aperta offerto da campeggi e villaggi turistici.

Ad oggi Legambiente turismo sta certificando il marchio di qualità per campeggi, villaggi turistici e alberghi che si distinguono per la loro sensibilità ambientale. Una politica economica nazionale che privilegi il settore trainante della bilancia commerciale nazionale, il turismo, nella sua forma con meno esternalità negative, meno cemento e meno abusi edilizi ancora tarda a riconoscere il ruolo strategico dell’open air.